APPROFONDIMENTI I volontari alpini attaccano Malga Paludei

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Tra gli avvenimenti del primo anno di guerra che riguardano la zona a nord est del Gavia, occorre ricordare l’attacco italiano dalla Sforzellina verso la Val di Pejo, inteso a saggiare la consistenza dello schieramento avversario e ostacolare l’invio di rinforzi verso l’altra posizione del Redival ove pure era in corso una azione italiana. Si trattò di una serie di attacchi concomitanti condotti il 25 agosto 1915 nel settore del 2º Rayon austriaco tra il Passo Gavia e quello di Lagoscuro sopra il Tonale.

Due giorni prima sua Maestà in persona aveva visitato il Sottosettore Valtellina passando in rassegna le truppe e salendo poi fino alle postazioni verso il passo dello Stelvio: la visita del sovrano aveva acceso i soldati e specialmente i volontari, di nuovi entusiasmi. La sera del giorno successivo: 24 agosto, due plotoni della 113ª compagnia del Tirano con alcune squadre della Centuria Valtellina e della Compagnia Volontari, saliti al rifugio Gavia riposarono qualche ora poi, ricevuta una razione viveri supplementari, ebbero l’ordine di ripartire intorno alla mezzanotte verso il ghiacciaio di Dosegù. Toccata la falda glaciale la colonna piegò verso destra: i soldati dovettero ancora risalire i nevai e la pietraia verso il Passo della Sforzellina. Erano circa 300 uomini che componevano la spedizione, e che muovendo in un terreno particolarmente accidentato giunsero a toccare la cresta solo verso l’alba. Essi si affacciavano così al territorio nemico dell’alta Val del Monte in direzione di Pejo, località protetta nella media valle anche dal forte Barbadifiori. Dalla cresta gli alpini calarono per un canale molto ripido e franoso poco a nord del valico, tra sassi cadenti e nugoli di polvere. Contemporaneamente in alto sulle lontane cime alla destra della colonna altri alpini erano respinti dai difensori del Redival, mentre tuonavano le artiglierie. L’azione italiana in questa direzione poteva essere intesa anche come un tentativo di interdizione all’afflusso dei rinforzi dal fondovalle di Pejo nell’altra direzione cioè verso il Redival. Tre robuste colonne italiane, superata la stretta del canalone scendevano allargandosi in tre direzioni dalla Sforzellina verso la Malga Paludei, con le due laterali che dovevano proteggere la colonna centrale diretta alla malga. La colonna di sinistra finì per arrestarsi oltre un bellaghetto, su una cresta rocciosa a più di un chilometro di distanza dall’ obiettivo, quella centrale, giunta a 300 metri dalla malga, e aperto il fuoco contro le sentinelle del presidio imperiale, incontrò la vivace reazione del fuoco nemico che provocò alcuni morti tra le file degli attaccanti, anche tre ‘scizzeri’ di Caldaro (reparto che difendeva la Malga) secondo il racconto degli attaccanti restarono sul terreno, così come le salme degli alpini a loro volta colpiti e che non fu possibile recuperare. La sparatoria tra i nuclei più avanzati e i difensori in parte appostati sul Cornizzolo a dominare il terreno, continuò tutto il giorno con l’appoggio di un piccolo pezzo di artiglieria italiano postato sulla cresta di Vallumbrina, vi furono così diversi feriti. Gli attaccanti infine ricevettero l’ordine di ritirarsi col favore delle tenebre, ed il capitano Patriarca che comandava gli alpini, alle tre del mattino comandò il ripiegamento. Arrancando nella notte sulle ripide pendici la colonna si riunì sulla cresta frastagliata della Sforzellina per subito proseguire in discesa verso il Piano del Gavia. Qui giunti gli alpini si attendarono nei prati intorno al rifugio. Il maltempo e un forte freddo avversarono il giorno seguente la zona, solo pochi alpini erano restati in ricoveri di fortuna a presidio del Passo della Sforzellina, mentre l’intera colonna, di cui faceva parte anche il sottotenente Guido Bertarelli, che durante l’azione aveva comandato la colonna di sinistra, ripiegò su Santa Caterina Valfurva.

Giuseppe Magrin