Doppia gioia

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    Dopo mesi di attesa e intensi giorni di organizzazione si parte. C’è qualcosa di prezioso che ho messo nello zaino. È importante, mi servirà. Non andremo alla ricerca dell’arca, ma salire l’Ararat, perché questa è la nostra meta, significa cercare le radici di un passato lontano in una terra antica, la Turchia, ancorata alle sue millenarie tradizioni.

    Alle pendici della grande montagna, inerpicati su una terra dura, brulla ci accolgono i pastori nomadi curdi: poi, solo la grande montagna, la quota che sale, i campi di sosta e acclimatamento. Campo 2: stanotte partiremo per la vetta e domattina, speriamo, raggiungeremo i fatidici 5.176 metri. Chiuso nel sacco a pelo, mentre fuori nevica e grandina, penso al significato profondo dell’Ararat, Agri Dagi per i Turchi, Agiri per i Curdi, montagna del dolore o creazione di Dio, questa cima è un simbolo, grande e severo. Penso agli inizi, e al mio: mio padre compirebbe 84 anni, sarebbe felice di vedermi quassù, sorriderebbe delle preoccupazioni di mia madre, pensoso ma fiducioso, severo ma buono come pochi altri, silenziosamente orgoglioso. Tocco lo zaino: tutto a posto. Alle 2 del mattino ha smesso di nevicare. Dopo 5 ore di ascesa arriviamo in vetta io, il mio grande amico Gianfranco e i nostri accompagnatori. Finalmente estraggo dallo zaino quella cosa preziosa e la indosso: il cappello alpino di mio padre, classe 1930 “andato avanti” nel 2006. Anche lui è qui con me. Artigliere alpino Mario Donadon: presente!

    Pierluigi Donadon – gruppo Santa Lucia di Piave

    Che dirti caro Pierluigi? Tanti complimenti da tutta la famiglia alpina.