Falsi scoop fomentano l’intolleranza

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    Non credo proprio che il mensile Ana abbia necessità di illustratori stranieri per la propria copertina (numero 5/2015, “Alpiedino”). E soprattutto non di quelli che terrorizzano le nostre bambine alle scuole elementari perché indossano una catenina col crocifisso, magari benedetto e ricevuto in dono in occasione del battesimo e della prima Comunione! In Italia!

    Questi atteggiamenti buonisti ad ogni costo o falsamente buonisti fanno chiedere a me stesso: ma cosa ho io in comune con chi scrive e pubblica editoriali e copertine del genere? Che senso ha per me rimanere ancora in questa Associazione?

    art. mont. Aldo Parodi

    Ritengo che la copertina de L’Alpino di maggio sia nella mia carriera ultratrentennale nel giornalismo una delle cose più belle di cui vado fiero. Chi fa comunicazione sa che la cosa più importante è raggiungere la gente e farla pensare. Magari per farla arrabbiare, come è accaduto al nostro lettore, ma l’importante è provocare un coinvolgimento. Solo così avremo dei lettori veri e non dei conformisti di facciata. Posso comunque garantire che l’entusiasmo e l’approvazione generale che abbiamo avvertito dalla totalità di chi si è messo in contatto con la nostra redazione ci conferma di aver fatto bene facendo questa scelta. Va anche detto che “Alpiedino” è il risultato di una iniziativa straordinaria della Sezione Abruzzi che ha coinvolto 137 scuole per far conoscere la realtà alpina ai ragazzi. Io sono il testimone diretto di quale impatto straordinario abbia avuto questa iniziativa, tanto che proporrò anche agli amici di Asti e a tutte le Sezioni delle future Adunate, di ripetere l’esperienza. Venendo però al merito di questa lettera, mi spiace caro Aldo che tu imbastisca una polemica su una bufala, segno questo che l’intolleranza spesso fiorisce sul si dice e non sui fatti, grazie a qualcuno che soffia sul fuoco in maniera intenzionale. A Terni non è successo proprio nulla di quanto tu affermi, benché alcuni giornali nazionali abbiano trovato il modo di creare lo scoop. Penso a titoli sparati come: “Talebano in pantaloni corti”, “Islam violento a casa nostra”, “Piccoli talebani crescono in casa nostra”. Qualche politico, in cerca di voti, ne ha fatto un cavallo di battaglia per passare all’incasso. Ma la verità è molto più semplice e umiliante. Un bambino senegalese, arrivato in Italia il 27 aprile scorso, viene inserito in una classe di una scuola media locale. I compagni lo prendono in giro per la bassa statura e, a turno, gli danno delle sberle sulla testa e poi tornano al loro posto tra i banchi. Tra loro, per particolare aggressività, si distingue una ragazzina. Il nostro piccolo immigrato, che non sa parlare italiano, sopporta in silenzio. Poi un giorno, preso in giro mentre torna a casa, si ribella a questa compagna di classe che lo umilia, e si difende. La madre della ragazzina, conoscendo le arie che tirano, sfrutta il caso e cerca di far passare la figlia come vittima. Ma tutti i testimoni la smentiscono, affermando esattamente il contrario. Oltretutto il ragazzino frequenta quotidianamente l’oratorio della parrocchia insieme a tanti altri ragazzi, perfettamente integrato nelle tradizioni cristiane che si svolgono in quel luogo. Resta l’amarezza per certa informazione falsa e ideologica, che alimenta l’intolleranza e il razzismo, fino a contagiare anche qualche alpino. A questo punto caro Parodi io so benissimo da che parte stare. Come alpino, non come buonista cattolico. Tu fai la scelta che credi.