Finezze d'artisti

    0
    43

    Siamo impegnati nel tratto finale della salita al Col di Lana, la spia che segnala la riserva di energia non si è ancora accesa ma non tarderà molto a dare il segnale fatidico che indicherà tutto il nostro “essere agli sgoccioli” quanto a carburante. Spediamo quindi un ulteriore messaggio alla nostra volontà che riesce a far muovere il propulsore anche controvoglia. 

    Siamo in vetta. Un alpino con atteggiamento sbrigativo ci fa ingurgitare un grappino che in questa circostanza va giù con la stessa fluidità dell’acqua minerale. Ci abbandoniamo poi all’osservazione di un 360º da sogno, una grandiosa rassegna d’arte che espone enormi sculture ricavate dalla Dolomia. I nomi delle opere sono suggestivi: Civetta, Pelmo, Antelao, Tofane, Piz Boè, Marmolada che però per contro, evocano momenti tremendi costellati da episodi che parlano di sofferenza, di sacrificio, di morte. Le ragioni che ogni anno ci spingono a toccare quota 2.462 di questo monte stanno proprio nel voler rendere onore a quanti nel primo conflitto bellico hanno sacrificato quanto di più prezioso possedevano. A loro va il nostro deferente ricordo, siano stati nostri connazionali o soldati dall’idioma d’oltralpe; tutti comunque accomunati nella convinzione di far risultare vincente la propria coalizione. Nelle guerre non ci sono vincitori, anche chi è convinto di aver battuto l’avversario in effetti ha perso i migliori uomini nei conflitti a fuoco. È lutto totale per tutti, presunti vincitori o vinti. Ad ogni prima domenica di agosto, immancabili, siamo presenti in vetta al Col di Lana dove il cappellano militare di turno celebra un rito sacro che ci coinvolge in un’atmosfera così intensa che nessuna Messa officiata in pianura riuscirebbe a ricreare. Il nostro stato emotivo raggiunge il culmine con l’ascolto di “Signore delle cime” le cui note portano al limite il nostro grado di commozione, una ciliegina: l’officiante era il vescovo di Gubbio. Il deflusso dalla cima, nel tardo pomeriggio, crea un serpentone colorato che evidenzia i tornanti della parte sommitale della montagna, una fila in movimento dai cromatismi molto vivaci. Riapprodati in pianura ci concediamo qualche sorso di bollicine e inviamo un pensierino grato al “Responsabile” che da lassù consente ancora ad un nonnetto di realizzare sogni.

    Renato Gumier Gruppo di Pieve di Soligo, Sezione di Conegliano

    Qui di grande non c’è solo la mostra d’arte naturale e il suo autore, ma anche il cuore di uno spettatore che la finezza artistica l’ha impressa nell’animo e nella penna.