L’epopea al veleno della conquista del Bianco

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    L’8 agosto 1786 Michel Gabriel Paccard raggiunge la vetta, seguito da Jacques Balmat che se ne assumer la gloria.

    di Umberto Pelazza

     

    Michel Gabriel Paccard.

     

    Nell’anno internazionale della montagna, una diretta di oltre due secoli fa ci introduce nel vivo delle vicende che hanno portato alla conquista della vetta pi alta delle Alpi e dato origine all’alpinismo moderno. La dobbiamo al cannocchiale cui rimase incollato un giorno intero il barone prussiano Adolf von Gersdorff, di passaggio a Chamonix, e alla teutonica precisione del resoconto che ne segu, integrato dall’intervista col vincitore. Ho sentito dire che il dottor Paccard, insieme a un giovanotto di nome Jacques Balmat… partito ieri a mezzogiorno, ha pernottato in una capanna di pastori… ed stato visto oggi mentre saliva.
    E’ l’8 agosto 1786: da pochi decenni le montagne si sono scrollate di dosso draghi e grifoni, i fragili e ingombranti barometri dei pionieri annunciano i primi scricchiolii e le ascensioni stanno per diventare fine a se stesse.
    Hanno ripreso il cammino all’alba e attraversato la Mer de Glace… sono saliti su ripide pareti di neve e ghiaccio hanno superato parecchi crepacci coperti di neve fresca che allora non si sondavano con la dovuta attenzione (la piccozza era sconosciuta, sostituita a volte da un’ascia per gradinare). Se erano aperti si varcavano per mezzo di scale, indispensabili per le comitive, o alla bell’e meglio, con i lunghi bastoni ferrati appaiati a mo’ di ponticello. Contro le valanghe ci si affidava al buon Dio.
    I nostri due eroi calzavano scarpe chiodate e ghette; non avevano la corda, considerata da molti un ripiego umiliante e ingombrante.
    La silhouette del Monte Bianco era comparsa per la prima volta nella Pesca miracolosa, dipinto del XV secolo conservato nel museo di Ginevra, la citt dove uno studioso di ricca e aristocratica famiglia, Horace Bndict de Saussure, gi nel 1760 aveva promesso una ricompensa a chi avesse scoperto per lui e il suo barometro la via per giungere alla vetta. I tentativi si susseguirono per anni. Chiamato cos dal 1744, il Monte Bianco si innalzava nel bel mezzo del montuoso Regno di Sardegna: i sovrani di Casa Savoia, i portieri delle Alpi ne erano quindi i legittimi proprietari, ma assolutamente incuranti della sua esistenza.
    Il loro suddito ventinovenne Michel Gabriel Paccard, la cui partenza aveva preso tutti in contropiede, era uno chamoniard puro sangue, laureato in medicina all’Universit di Torino e medico del Comune. Appassionato di flora e geologia alpina, gran camminatore, aveva percorso in lungo e in largo la valle dell’Arve con
    cacciatori di camosci e cercatori di cristalli, a volte riuniti in una sola persona, come nel caso del ventiquattrenne Jacques Balmat (anche sfortunato cercatore d’oro), ben presto adocchiato come portatore.
    Continue e meticolose osservazioni col cannocchiale gli avevano suggerito un ben definito itinerario.
    Fecero sosta verso mezzogiorno e a un certo punto Balmat si mostr titubante: voleva tornare indietro perch la figlia di pochi giorni era malata Paccard, che non ne era al corrente, non voleva prestargli fede e con fatica convinse il compagno a proseguireDovr ricredersi: la piccola Judith morir lo stesso giorno.
    Si tengono a sinistra sulla dorsale dietro la quale scompaiono per ritornare visibili sotto grandi rocce alle 17 si fermano un poco s rimettono in movimento
    alle 17,45 ogni tanto si riposano e si danno il cambio in testa.
    La cima non lontana e gli spettatori, accalcati sul poggioosservatorio che sovrasta Chamonix, vedono distintamente Paccard alleggerire Balmat di parte del
    carico, inseguire invano il suo cappello che ha preso il volo verso l’Italia e roseguire di corsa verso la vetta, che raggiunge alle 18,23, mentre il portatore, che lo segue zigzagando, arriva subito dopo. Son passate 14 ore e mezza dalla partenza. Prendono possesso della sommit piantando nella neve un bastoncino con un fazzoletto rosso annodato, tentano invano di trovare un riparo dal vento o di mandare gi l’arrosto indurito dal gelo; fallisce anche il tentativo di misurare la quota raggiunta a causa di un’anomalia del barometro.
    Nessuna frase da tramandare ai posteri: della giornata rimarr una sola telegrafica annotazione del vincitore a rientro avvenuto: Nostro viaggio dell’8 agosto 1786. Arrivati ore 6,23 della sera, ripartiti ore 6,57, rimasti per 34 minuti.
    La discesa avviene a scivoloni, frenando e curvando a raspa con l’alpenstock, ma la parziale cecit provocata dal riflesso della neve costringe spesso Paccard ad appoggiarsi al compagno. Dopo 4 ore e mezza, sotto un magnifico chiaro di luna, si trovano davanti alla capanna da cui erano partiti all’alba e dopo una notte di sonno irrequieto, alle 8 del mattino rientrano a Chamonix. Con Balmat, che si precipita a Ginevra per riscuotere la ricompensa e De Saussure che lo assolda per la sua spedizione, si chiude la parte avventurosa dell’impresa.
    Ma a tingere di giallo le nevi del Bianco ecco sopraggiungere sulla scena il guastafeste, impersonato da Marc Thodore Bourrit, scrittore ginevrino, autodefinitosi l’infaticabile. Personaggio poliedrico, e per certi aspetti geniale, introdotto e intrigante, aspirante alla gloria delle cime ma incapace fino al ridicolo, punta immediatamente i suoi strali contro l’intruso, quel medico di campagna che mette in pericolo il suo monopolio nella gestione dell’ affaire Mont Blanc.
    Ma il rimedio c’: rimuoverlo dalla scena attribuendo al povero Balmat tutto il merito dell’ascensione. Sarebbe stato lui a tracciare la strada, lui il primo a giungere in vetta, lui a ridiscendere per incoraggiarlo e aiutarlo: per tutta ricompensa si visto defraudato del compenso pattuito. Asserzioni esattamente all’opposto della dichiarazione giurata dello stesso Balmat, pubblicata sulla Gazzetta di Losanna: … senza il passo da lui tenuto non saremmo mai giunti in vetta… mi ha preso parte del carico ha affrontato con decisione l’ultimo pendio dovetti correre per giungere quasi contemporaneamente a lui mi ha fornito il vitto e mi ha pagato.
    Tutto fu inutile e lo sar anche la relazione di Paccard preparata per la stampa e con pretesti vari mai pubblicata (ma l’editore era il cognato di Bourrit!).
    La campagna di diffamazione continu e contagi a tal punto Balmat da fargli credere di essere stato veramente truffato; uscito ubriaco dall’osteria e imbattutosi nel suo compagno d’ascensione, cominci a ingiuriarlo cos grossolanamente che questi, persa la pazienza, lo scaravent a terra con due pugni. Ma dopo la morte del dottore, avvenuta nel 1827, pot arricchire e divulgare a man salva la sua versione dei fatti senza tema di smentite. Delle sue concioni fu vittima anche un giovane e ignaro Alessandro Dumas, che ce le riferisce senza commenti, ma conclude la sua intervista dicendo: E Balmat fin di vuotare la sua terza bottiglia
    Nell’estate del 1808, con altre guide in partenza per il Monte Bianco, convinse la ventitreenne Marie Paradis, cameriera di locanda, a unirsi a loro: voleva mettersi in proprio e un po’ di pubblicit non avrebbe guastato. La poveretta non si divert
    per niente: a un certo punto, stracca morta, esclam: Sbattetemi in un crepaccio e andate dove volete. Giunse in cima a furia di spinte e al ritorno confess: Ho soffiato tutto il tempo come una pollastrella accaldata. Ma divenne la Marie du Mont Blanc. Nel 1838 sar seguita dall’aristocratica zitella parigina Henriette d’Angeville, che a 44 anni si era proclamata la fidanzata del Monte Bianco (lasciando l’interessato gelido e indifferente): issata sulle spalle delle guide, divenne la donna pi alta d’Europa.
    Ma Balmat non c’era pi: inseguendo la chimera dell’oro era caduto in un profondo dirupo e non fu pi ritrovato.
    E De Saussure?Rimase formalmente estraneo al contenzioso, tutto preso dalla sua ascensione, che port felicemente a termine un anno dopo la prima: 18 fra guide, portatori, un cameriere personale, provvigioni da spedizione himalayana, un le
    ttino pieghevole con materasso. Lui in redingote: noblesse oblige.
    Per oltre un secolo il conquistatore del Monte Bianco, per il mondo scientifico che contava, sar lui: Paccard, non pungolato da interessi al di fuori del successo personale e Balmat, tutto teso alla notoriet e al guadagno, cadranno al rango di apripista. A Chamonix il monumento in bronzo del centenario della conquista, privo del vero vincitore, porta infatti la data del 1887.
    Soltanto all’inizio del XX secolo la scoperta del diario di von Gersdorff e di altri documenti in vari archivi, pubblicati nel 1975 da Graham Brown e De Beer nel volume La prima conquista del Monte Bianco, porr fine alla querelle, riconoscendo il primato di Paccard, confermato poi dal monumento riparatore, erettogli nel bicentenario con la data esatta, 1986: vent’anni prima si era realizzata la profezia di De Saussure: Verr giorno in cui sotto questa montagna
    passer una strada carrozzabile (aggettivo sul quale, preso alla lettera, si troverebbero oggi d’accordo anche i pi irriducibili ambientalisti).
    Sul versante italiano la prima via alla vetta d’Europa sar aperta nel 1863: nel frattempo abbiamo corso un grosso rischio, quando Deodat de Dolomieu, lo studioso delle Dolomiti, avanz la proposta di intitolarle a De Saussure, reso illustre dalla pubblicazione in quattro volumi dei suoi Voyages dans les Alpes.
    Fu cortesemente rifiutata. Pensate, doverle chiamare con un sibilante Sossuriti!

     

     

    La via seguita da Paccard e Balmat per la prima salita.