Sora, tra realtà e punti di vista

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    Caro direttore, è da tanto tempo che volevo dire la mia su determinati argomenti ma avevo sempre lasciato perdere, ora è venuto il momento (almeno per me) di chiarire lo scopo della nostra rivista. Prendo spunto da alcuni articoli degli ultimi mesi che non mi sono piaciuti per niente. 

     

    Il primo: la risposta alla lettera del gen. B. Vidulich sulla strage di Zeret del ’39 protagonista il maggiore Sora, autore nel ’34 della nostra Preghiera. Mai la stampa alpina ne aveva parlato, mai aperto un dibattito per verificare senza paure la verità. Mi sono documentato e risulta da tutte le fonti storiche che in quel momento l’Esercito Italiano, faceva uso cospicuo di armi chimiche per debellare la resistenza etiope. Quello che era successo a Zeret, oltre a Dominoni, è avallato dalla prefazione dello storico Del Boca (alpino) e da fonti degli archivi militari e da testimonianze, come quelle di Alessandro Boaglio, sergente del reparto chimico che partecipò in prima persona alla strage, raccontandola per filo e per segno, coinvolgendo il magg. Sora comandante del btg. Uork Amba come responsabile diretto. Come alpino mi sento offeso, non tanto dal comportamento del magg. Sora che come militare in epoca fascista, avendo avuto come esempio quel macellaio di Graziani, forse non poteva sottrarsi agli ordini ricevuti, ma da tutta quella ipocrisia che ci ha accompagnato fino ad oggi. Pronti sempre a giudicare il comportamento degli altri e tacere come vili sulle nostre responsabilità. La nostra rivista non ha fatto eccezione, quando c’è stato da giudicare un comandante, allora, ha fatto quadrato, sull’uso della decimazione nella prima guerra mondiale. Zero. Nel richiedere risarcimento per gli internati di soldati italiani in Germania niente. Questi sono gli argomenti che avrei voluto sentire da voi, gli stessi argomenti che interessavano mio suocero, alpino del Dronero fatto prigioniero al Brennero dopo l’8 Settembre, con lui si parlava spesso delle responsabilità della disfatta in Russia e della fine della Cuneense.

    Claudio Landi Brigata Taurinense, btg. Susa, 1º/’66

    Caro Landi, anch’io come te non amo la retorica e i rimpianti, che quasi sempre finiscono per farci indossare gli occhiali dell’ingenuità, togliendoci importanti diottrie per vedere chiaro nei fatti del passato. Ciò detto, ritengo che le indagini sulla storia o vengono fatte a 360°, oppure si rischia di piegare la storia alle proprie teorie, che qualche volta coincidono con il proprio punto di vista. Dicendo questo penso anche ai pezzi di Gian Antonio Stella apparsi sul Corriere della Sera, in cui sembra che non vi siano dubbi sui fatti di Zeret e sulle responsabilità del maggiore Sora. Oltretutto Stella non perde occasione di ricordare come agli esordi della nostra Preghiera vi fosse la menzione del Duce. Fatto reale, ma di nessun rilievo, se non in termini di insinuazione. Un po’ come se noi continuassimo a ricordare la politica filo interventista nella Prima Guerra Mondiale da parte del giornale dove egli scrive. A che pro, cent’anni dopo? La storia va letta nel suo contesto se non vogliamo montare in cattedra a fare i moralisti con il senno di poi. Questo vale anche per ricordare che le guerre non sono l’Infiorata di San Corrado. L’eroismo si accompagna alla viltà, l’umanità alla più profonda abiezione. La logica delle armi, crudeli e senz’anima sembra prevalere su qualsiasi altra ragione. Purtroppo è amaro a dirsi, ma in nessuna guerra, da nessuna parte si pensa al bene del nemico. L’unico obiettivo è quello di annientarlo e portare a casa bottino, in termini di espansione territoriale, vantaggi economici, militari, politici… E non occorre tornare a Zeret per dimostrarlo, basta guardare a quanto succede nel mondo attualmente. È evidente, guardando agli scenari della storia passata, che gli alpini sono stati delle semplici pedine, mi verrebbe da dire carne da macello, a servizio di logiche che non nascevano da loro, ma di cui erano obbedienti esecutori. Per tornare a Sora, più che la volontà di nascondere, che vorrebbe dire confermare certe tesi, c’è invece il bisogno di fare chiarezza definitiva. Io, caro Landi, mi sono largamente informato ascoltando varie fonti e non ho tutte le certezze che hai tu e che sembra avere Gian Antonio Stella. La pattuglia che usò il gas era formata da soldati della Divisione Granatieri di Savoia, reparto speciale a disposizione del governo generale – vale a dire del Viceré, principe Amedeo di Savoia-Aosta, succeduto a Graziani, e del Capo di Stato Maggiore, gen. Claudio Trezzani, diventato poi Capo di Stato Maggiore Generale dal 1945. La pattuglia dipendeva operativamente dal Comando superiore, cioè dal generale Ugo Cavallero e dal colonnello Orlando Lorenzini. Esecutore materiale fu il sergente maggiore Alessandro Boaglio. Il maggiore Sora avrebbe potuto ribellarsi? Di sicuro sarebbe stato passato alle armi. Ma basta questo per farne un freddo e lucido assassino, dopo una vita vissuta da uomo altruista e integerrimo?