Storia antica, vestito nuovo

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    “Oh! Valentino vestito di nuovo, come le brocche dei biancospini! Solo, ai piedini provati dal rovo porti la pelle de’ tuoi piedini…” Alzi la mano chi, avendo la mia anagrafe, non ha imparato a scuola questi versi del Pascoli. Parole, per noi datate, con le quali si raccontava la fatica delle famiglie del tempo. Persino le uova del pollaio potevano servire per comprare un abito nuovo. Ma questo non era garantito anche per le scarpe se poi, a marzo, le galline andavano in cova diventando chiocce. Versi che ci arrivano con tutta la loro carica di sofferta ingenuità e senza rimandi alla realtà dentro la quale siamo immersi.

     

    Ci riaffiorano alla mente, uscendo dalla polvere del tempo, nel mese degli innamorati, quando altri stili e altri regali ci consegnano rutilanti immagini della società dei consumi. Per noi, più semplicemente, si prestano a diventare metafora di ciò che accade al nostro Valentino, ossia il nostro mensile, L’Alpino. Quando leggerete queste pagine, prima ancora di queste righe, a parlare sarà il vestito nuovo di… Valentino. Nuovi accorgimenti grafici, maggiore consistenza della carta, copertina più robusta, incremento del numero di pagine e sempre più numerosi servizi, per raccontare una storia di famiglia che dura ormai da un secolo.

    Un vestito nuovo reso possibile per due ragioni. La prima è che il nostro mensile sta godendo un periodo di buona salute. Non sappiamo se sia cresciuto per buona cucina o per ragioni anagrafiche, sta di fatto che la statura s’è un po’ allungata e le braghe di prima cominciavano a segnare acqua alta. Il numero crescente di lettere sta ad indicare un accresciuto protagonismo dei nostri lettori. Oggi pubblicare tutto è diventato impossibile.

    Qualche amico alpino sacramenta quando non si trova tra le pagine, ma alla fine prevale il buon senso che aiuta a capire come negli scaffali non ci può stare tutta la merce, soprattutto quando la lunghezza dei testi la rende un po’ ingombrante. Che Valentino sia cresciuto lo vediamo poi dal consenso sui servizi pubblicati e dalle tante richieste che ci arrivano per raccontare storie del presente e fatti del passato. Ma il vestito nuovo de L’Alpino è stato possibile soprattutto grazie alla coraggiosa determinazione del nostro Presidente e del suo comitato di direzione.

    Un vestito nuovo richiede disponibilità di fondi, che di questi tempi è come cercare la neve a Portopalo. Ad attenuare le preoccupazioni ci rassicura l’accresciuta attenzione di importanti inserzionisti pubblicitari, tanto da ritenere che la quadratura non sia poi così faticosa come quella del cerchio. In via Marsala non ci sono le galline. Né quelle dalle uova d’oro, né quelle più banali dalle tante proteine.

    Le uova, nel nostro caso, sono quelle di un’amministrazione oculata e puntuale. Quella del nostro tesoriere Stoppani, devoto di san Gaetano Thiene (che tiene da conto! come si dice nella vulgata veneta), e quella dei tanti preposti a fare della macchina dell’Ana un motore efficiente a basso consumo. Un mensile rinnovato è comunque un punto di orgoglio e di speranza per la nostra Associazione. Un segno di salute e di ottimismo che abbiamo voluto dire anche con l’immagine di copertina.

    È il volto sorridente di Marco Cavazzi della Sezione Valtellinese. Nei giorni scorsi ha percorso la steppa gelida e ostile della ritirata di Russia, sintonizzando i suoi passi “lungo le piste sporche e insanguinate dove son mille e mille croci degli alpini”. Lo ha fatto tuffando il cuore nella memoria, per regalare al presente il frutto di quel sacrificio: una storia da vivere nell’oggi con il coraggio del sorriso, senza paura del nuovo, quello che bussa ad ogni istante, per chiederci d’essere seminatori di speranza.

    Bruno Fasani