Un suggerimento

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    Numerose e continue sono le lamentele riguardo la presenza di alcuni, non so se pochi o tanti, che indossano il nostro cappello pur non essendo Alpini. È un malessere che tanti soci esternano e che non viene certamente ignorato dal nostro giornale.

    È fondato timore che una storia, dei valori ed una tradizione forse unici al mondo, identificati sotto il simbolo di un cappello, questo certamente unico al mondo, siano lentamente ma progressivamente annacquati fino a trasformare la nostra Associazione in qualcos’altro, forse più simile a una congrega carnascialesca o a una sagra di paese. Vengo al suggerimento per mantenere identità e originalità dell’Alpino, almeno fino a quando l’anagrafe non determinerà inesorabilmente che saremo un’altra cosa, mi auguro altrettanto meritevole, ma un’altra cosa. Sotto al nostro logo ANA che ormai quasi tutti portiamo affisso sul petto durante le nostre manifestazioni insieme al nome della Sezione di appartenenza, compaia, magari su “pezza” separata, numero di tessera del socio (che di per sé come da regolamento è il solo che potrebbe indossare il cappello Alpino), date di inizio e termine del servizio militare, reparto in cui si è prestato servizio (o ci si è congedati).

    Mauro Perfetti – sezione di Ivrea

    È chiaro che siamo un’Associazione d’Arma e quindi il cappello è simbolo assolutamente discriminante tra chi è Alpino e chi non lo è. Non ci sono vie di mezzo. Ma se questo non è chiaro ai capigruppo e ai responsabili di Sezione, che dovrebbero vigilare, l’abuso è dietro l’angolo. Della serie: fatta la legge, trovato l’inganno.